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Se non avete visto il mondiale di ciclismo di Firenze e siete interessati, ve lo riassumo io.
Dunque: per i primi 240 kilometri come al solito non è successo una mazza, a parte che pioveva fortissimo e che i corridori continuavano a cadere. C’è stata la gara dura e la selezione, ok d’accordo, ma quello è normale, è un mondiale. Il mondiale, è così. Cosa è la selezione? Beh, la selezione è quando quelli forti vanno forte in modo che quelli che vanno meno forte si stacchino dal gruppo e rimangono attardati.
Andiamo avanti con il discorso, dicevamo, la gara è lunga 270 kilometri e dura più di sette ore. Per chi non lo sapesse nel ciclismo è solo al mondiale ormai che le gare sono così lunghe, quindi in realtà la gara in linea del mondiale è una gara a parte nel panorama del ciclismo professionistico, anche perché si corre per nazioni e non per team – lo dico per quelli che di ciclismo proprio non ne sanno – ma non divaghiamo adesso. All’ultimo giro – il mondiale in linea effettivamente si corre in circuito, non badateci – c’è stato un attacco di Scarponi che ha lanciato Nibali, che a sua volta ha preso gli avversari in contropiede sulla prima salita (quella meno ripida) e tutti i non-ciclisti davanti alla tv dicevano Vai Nibali alè alè, si urlavano da una stanza a un’altra della casa questi non-esperti che erano lì ancora svaccati sul divano dopo avere visto la MotoGP, Hei, veni a vedere – strillavano – c’è Nibali al mondiale che attacca.
E tutti gli esperti invece, incluso Cancellara e Sagan probabilmente, che erano i favoriti della gara, che dicevano Dove vuoi andare, Nibali, che la gara si decide sul muro di via Salviati? Il muro di via Salviati era il tratto più duro del percorso, 600 metri al 14% di pendenza. Tutti gli esperti pensavano che fosse una azione farlocca quella di Nibali e invece no, se ne è andato in discesa, è stato bravissimo, alla fine sono rimasti in 4: lui, due spagnoli – Rodriguez che aveva allungato davanti e Valverde che è un osso duro ma non è certo uno stratega del ciclismo – e poi Rui Costa, un portoghese che faticava a stare agganciato ma non mollava la ruota.
Hanno fatto l’ultimo strappo, quello ripido di via Salviati, poi Rodriguez in discesa ha allungato furbescamente un’altra volta e Nibali per andare a riprenderlo – a qual punto lo aveva quasi ripreso – doveva fare tutto da solo. Il ciclismo è uno sport bastardo, alle volte ti lasciano fare tutto da solo e poi ti fregano, bisogna stare attenti.

Comunque.
Valverde (uno dei due spagnoli) gli stava in scia, a Nibali, di aiutarlo non se ne parlava ovviamente. Mica poteva riportare l’avversario più temibile alle calcagna del suo compagno di nazionale, Valverde, no? anche questo lo dico a beneficio dei non esperti. Mi rendo conto che il ciclismo è una cosa complicata, comunque, dicevamo: RuiCosta aiutare anche lui niente, non se ne parlava, che non ne aveva più.
Insomma all’ultimo kilometro circa Nibali ha capito che Rodriguez da solo non lo poteva più riprendere, allora ha rallentato un attimo e ha fatto l’unica cosa che poteva provare a fare, si è fatto da parte e RuiCosta ha fatto il suo e finalmente si è messo davanti a tirare per giocarsi la vittoria o almeno il podio. Valverde invece che andare dietro a Rui Costa e cercare di staccare Nibali e poi fare la volata per il secondo posto o magari anche per il primo con il compagno Rodriguez, è stato a guardare. Non tirava. Nibali che non aveva forza per stare dietro a RuiCosta che scattava deve averlo guardato bene negli occhi a Valverde, come per dirgli A’Valvè, sei sicuro di non andargli dietro? è già la quarta volta che perdi un mondiale, ti sembra il caso? Valverde al mondiale è arrivato tre volte terzo e due volte secondo, un record. Comunque niente, non si è mosso. Ha aspettato, nessuno sa cosa. Senza offendere ma Valverde è risaputo che tatticamente è un po’ tonto.
Intanto Rodriguez pedalava, a 500 metri dal traguardo deve avere sentito uno alle sue spalle che arrivava, la gente a bordo strada che urlava e deve aver pensato Ok, il mio sogno mondiale è finito, ora cerchiamo di fare vincere la Spagna e Valverde e di salire almeno sul podio, sicuramente pensava che fosse RuiCosta ad arrivare alle sue spalle, con dietro Valverde in scia che a quel punto avrebbe dovuto scattare e fare secchi tutti, Nibali compreso se non lo aveva già staccato prima, con una volata super.
Invece si è voltato a guardare, Rodriguez, e dietro a lui c’era solo RuiCosta.
Come RuiCosta, cazzo?
Allora in televisione si è visto bene che Rodriguez si è tirato su e rigirato un’altra volta a guardare meglio dietro, ha staccato le mani dal manubrio e quando è stato raggiunto prima della volata ha anche parlato brevemente con RuiCosta, deve avergli detto Ma dove cazzo è Valverde, ancora una volta? E’ la quinta volta che Valverde perde un mondiale.
Insomma, hanno fatto la volata Rodriguez e RuiCosta e manco a dirlo ha vinto RuiCosta, porca zozza.
Porcas Zozzas, in spagnolo, ha detto Rodriguez
Rodriguez, secondo dicevamo. Terzo Valverde. Nibali quarto. Nibali era nettamente il più forte e tatticamente anche, il più forte dei quattro, il più intelligente. RuiCosta era il più stanco, il più sfinito, quello più andato. Come spesse volte avviene nel ciclismo, per via della tattica e delle scie e delle squadre, a vincere non è mica il più forte. E’ il più furbo. Il più coraggioso. Il più spregiudicato. Il più paraculo.
Cioè, il migliore. Al mondiale, quello che vince è sempre il migliore. Il migliore di quel giorno lì.
Ecco. E questo, per quanto riguarda la gara, mi sembra tutto. 

The Problem With Chris Horner

Posted: September 14, 2013 in Uncategorized
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from INRNG

Some are having trouble enjoying Chris Horner’s ride in the Vuelta this year. The 41 year old is riding high in the Vuelta. It’s attracting attention and praise but also questions because of his age and he seems to be performing at a level higher than before.

But what if the anxiety and suspicion expressed by some say more about the sport and how fans are still struggling to believe what they see, a mirror to reflect the viewer rather than the rider?

 

I get “is Chris Horner doping” emails but how am I supposed to know? It’s the same and only answer available for any rider. Earlier this year I wrote we can never know as a piece to frame a stock response to these emails. But back to the Vuelta and in the trial of Chris Horner the case for the prosecution is rather simple: he’s 41 and has never ridden as good as this before. Interestingly this time we’re not seeing as much analysis of actual performance, for example comparative times on the climbs or discussion over Watts per kilogram ratios. Maybe that’s just the Vuelta and fewer people are following?

The Man and not the Athlete?
Perhaps Horner has not helped his image with supportive quotes for Lance Armstrong, for example here is one from cyclingnews.com:

Look, I’m certainly old enough and wise enough to understand the magnitude of the situation, but in the end he’s still getting prosecuted with no positive test. A lot of guys say they saw him and a lot say he did this and he did that, but I look at it and say: ‘USADA, WADA, UCI, they’re saying that the tests are worthless.’ So do you take all the tests, 500, 1000, I don’t know the number I’ve done in my own career and you basically say, that you took them for no reason?

But he’s given other quotes where he’s raised doubts about doping and the practices of some teams, telling the same website in 2007:

It is impossible to ride the front with your whole team and get to the final climb with most of your team still on the front — and be ready to come back and do it day-in and day-out

In other words what we saw from some teams was “not normal”.

What would you say?

Some say Horner should state out loud that he’s riding clean, apparently he hasn’t said this. But he could shout this out loud from the top of the Angliru or write it down 100 times on paper and some would retort that “he would say that, wouldn’t he.” Words can help but the risk is this becomes a test of personality, articulation and verbal dexterity rather than substance.

The Winner’s Curse
The problem with some people’s doubts over Chris Horner is not really for Horner or the race, it’s become a systemic issue with the sport where some feel unable to trust the anti-doping controls. It happens elsewhere and particularly during a grand tour. You’ll remember Chris Froome got the treatment on a much bigger scale. But we had the same in the Giro where Vincenzo Nibali’s dominance got assessed by Andrew Hood on Velonews.

It’s understandable in the context of history where riders have aced anti-doping controls for years and if past precedent isn’t convincing enough we know that it’s still possible to microdose with EPO or use blood doping to evade detection. Worse there’s the simple matter of timing where concern over the likes of Mauro Santambrogio or Mustafa Sayar proves to be a matter of time. Cyclists risk being treated like politicians where many assume they are lying.

Is Age an Issue?
Amid the subjective matters of performance or media quotes Horner’s age is the one certainty and at 41 he is old enough to have fathered several of his rivals in the top-10. But surely the date of birth is the only factual element? If it’s unusual for a forty-something rider to do this we should be careful with assumptions that it’s impossible. In a large population it is still possible for someone to perform at a later age. Of course in a population of pro cyclists its possible for other factors to explain this.

The Problem is Your Problem
The more you look at it the more it’s your problem. If you are surprised by a rider’s improvement or even their age then you’re then left make up your own mind because there’s nothing else to do. In fact it’s like a mirror, as any suspicion and doubt reflects your view of the world rather than the truth. You could be right, you could be wrong.

Conclusion
Got a problem with Chris Horner? If so then it’s your problem. It might also be a collective challenge for the sport to restore faith so that racing can be enjoyed. But there’s not much Horner can do about it.

The past goes a long way to explaining the present day suspicion directed to those leading a grand tour, especially as the pendulum is swinging back. Chris Horner is in the hotseat of suspicion but others have been before. Take whatever view you want on Horner or any other rider in the Vuelta but it has to be just that, nobody can prove anything. The only safe prediction is that this phenomenon will continue in 2014.

Today we received an e-mail from Didi Senft, “The Devil”.
Here are some photos from his last Tour de France

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leggi l’articolo originale su Eatsport

di Vincenzo Piccirillo

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Mentre Chris Froome demoliva tutti sul Ventoux e scatenava l’ira e l’invidia del mondo ciclistico per la sua superiorità, Davide Rebellin (CCC) ha continuato ad allungare il suo interminabile ed incredibile palmares. Come gli capita ormai dal 2011 salvo le eccezioni della Tre Valli Varesine e del Trofeo Melinda, si tratta di corse sconosciute ai più ma che dimostrano ancora una volta la voglia, la professionalità e la serietà di un atleta che in poco tempo è passato dai duelli con Cancellara, Valverde e Bettini a cercare gloria in corse senza tradizione e in paesi del terzo mondo ciclistico.

La firma con la CCC, vista la licenza Professional della squadra polacca faceva presagire ad un ritorno del tre volte vincitore della Freccia su palcoscenici più importanti, e così è stato nella prima parte di stagione con Giro del Mediterraneo, Vuelta a Murcia e Coppi e Bartali, invece ancora una volta quando la stagione è entrata nel vivo, Rebellin è stato costretto salvo rare eccezioni come il Giro del Trentino, lo Ster Zlm Toer dove nell’unica tappa adatta alle sue caratteristiche è stato battuto solo da Boom e il campionato italiano dove è salito sul podio ma aveva nelle gambe la possibilità di vincere, a restare a  guardare e a misurarsi in competizioni minori in Polonia, Estonia e Romania dove ad un corridore col suo passato potessero mancare le motivazioni ha sempre corso per vincere, anche a dispetto di tante disavventure tecniche e organizzative a cui non era certo abituato e che più di una volta gli hanno impedito di fare bottino pieno.

In Polonia, alla Szlakiem Grodow Piastowskich ha fatto sue due tappe davanti al compagno di squadra Marek Rutkiewicz e al ceco Alois Kankovski ed ha chiuso secondo in classifica generale a soli 12” da Jan Barta (NetApp) che ha approfittato di una crono per avere la meglio, in Romania invece ha imposto la sua legge, quella del più forte, al Sibiu Cycling Tour breve corsa a tappe con 5 frazioni in 4 giorni. Dopo aver limitato i danni, nel prologo iniziale di 2400, dove ha chiuso 11° e concesso 6” al vincitore Maros Kovácn (Dukla Trencin) che ha preceduto l’Androni Omar Bertazzo, ha sbaragliato la concorrenza nella tappa regina della corsa, quella con arrivo ai 2040 metri  di Balea Lac, dove al termine di un’interminabile ascesa di oltre 30 km ha staccato negli ultimi metri il norvegese Frederik Wilmann (Christina Watches), che al traguardo ha pagato un distacco di 4”, mentre il terzo classificato, il croato Matija Kvasina (Team Gourmetfein) ha pagato 24”, oltre alla vittoria di tappa per Rebellin è arrivata anche la maglia gialla di leader della classifica, maglia che non ha più svestito fino alla fine della corsa. Davide ha iniziato ad incrementare il proprio vantaggio in classifica già nella seconda tappa che prevedeva un nuovo arrivo in salita a Paltinis, dove dopo aver controllato gli avversari più pericolosi per la classifica si è fatto sorprendere dall’austriaco Markus Eibegger (Team Gourmetfein) che ha approfittato del poco marcamento ed è andato a vincere con 7” su Rebellin e 8” su Antonino Parrinello (Androni).

L’ultima giornata prevedeva due semitappe, una crono di 11.4 km al mattino ed una tappa in linea per velocisti al pomeriggio sempre a Sibiu. L’ostacolo da superare era ovviamente la crono dove si è imposto il tedesco Stefan Schumacher (Christina Watches), ma Davide si è difeso bene chiudendo nono e cedendo 30” al suo ex compagno di squadra ma facendo meglio dei rivali per la classifica generale. L’ultima frazione dove Davide ha sempre controllato senza affanni ha visto un nuovo successo italiano con Mattia Gavazzi (Androni) che ha battuto tutti precedendo Omar Bertazzo. Alla fine Rebellin si è imposto con 58” su Matija Kvasina e 1’21” su Tino Zaballa (Christina Watches).

Non sarà certo come vincere il Tour che si corre in questi giorni o come una Tirreno o una Parigi – Nizza, le corse a tappe più prestigiose nel palmares di Rebellin ma mettere la propria ruota davanti a tutti è sempre qualcosa d’incredibile per un corridore che a quasi 42 anni sogna come un ragazzino alle prime armi di poter competere nuovamente nelle grandi classiche. Età, passato e squadra non sono dalla sua ma per una persona che ha avuto la forza di riprendersi e di superare tutto quanto gli è capitato passando nel giro di pochi giorni da essere un esempio da seguire al peggior male dello sport italiano, forse un po’ esagerato definirlo così, ma lo shock per la sua positività a Pechino è stato un qualcosa che usciva dal mondo del ciclismo  e avendo a che fare con uno sport solitamente associato al doping, fu facilissimo per tutti dargli le colpe di tutti i mali dello sport italiano, quando invece al CONI non è che fossero dei santi e la storia e lì a parlare, ultimo il caso Schwazer. Per uno che pur di non lasciare in quel modo lo sport a cui ha dedicato la sua vita ed è ripartito dal basso per ricostruirsi una credibilità, nulla sembra impossibile e poi a ben vedere visti i risultati dei nostri corridori nelle classiche non è che in giro ci sia molto di meglio di Davide Rebellin.

Some photos from our visit (pilgrimage?) at the Mont Ventoux, Provence, France.

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Didi is proud of his 1st film! (see www.thelastkilometer.com)

di Vincento Piccirillo
articolo originale su Eat Sport

Come sempre nel corso della sua carriera, Davide Rebellin ha fatto della continuità di rendimento il suo punto forte e così sta facendo anche in questo 2013 dove alla soglia dei 42 anni, riesce ancora a competere contro Valverde o Boom e a vincere con la voglia di un ragazzino in corse meno importanti. Correndo in una formazione di secondo piano, le opportunità di misurarsi sui grandi palcoscenici non sono troppe, così il campionato italiano è una delle grandi opportunità che ha per far vedere a tutti che il talento è sempre quello dei giorni migliori. Probabilmente non è il favorito numero 1 per la gara tricolore di sabato prossimo ma al netto di sfortune o inconvenienti, nel finale ci sarà anche lui a giocarsi quella maglia tricolore che non rappresenta una rivincita ma l’ennesimo sfizio da togliersi.

Quest’anno 2 vittorie di tappa allo Szlakiem Grodow Piastowskich, piccola corsa a tappe polacca e una quindicina di piazzamenti nella top 10, soddisfatto dei risultati ottenuti in questi primi mesi con la casacca della CCC?
Non posso dire di essere soddisfatto fino in fondo, visto che è dall’inizio dell’anno che incontro molti ostacoli come l’intossicazione alimentare al Mediterraneo, cadute, problemi meccanici nelle fasi finali di gara e il dovermi schierare in corse non adatte alle mie caratteristiche, come il recente Ster Zlm Toer in Olanda o il Giro dell’Estonia”.

Nonostante la corsa non fosse adattissima alle tue caratteristiche, in Olanda nella tappa più dura sei arrivato secondo mostrando una buona condizione. Cosa ti è mancato per avere la meglio su Lars Boom?
Mi è mancato soprattutto il lavoro di squadra. In quella tappa per vincere era indispensabile prendere l’ultimo strappo davanti ma da solo e con l’aiuto di un solo compagno era difficile competere contro i treni di 5-6 corridori di altre squadre, così quando è partito Boom ero un po’ indietro e non sono riuscito a rispondere bene alla sua azione”.

Siamo nella settimana dei campionati italiani con la prova in linea che è senza dubbio uno dei tuoi grandi obiettivi stagionali, come ci arrivi?
La condizione mi sembra buona, bisognerà vedere come si svolgerà la gara perché da solo non sarà facile”.

Proprio questo sarà un altro ostacolo da superare, il fatto che sarai da solo ti preoccupa?
Corro spesso da solo nelle fasi finali di gara e di certo è uno svantaggio notevole. Penso di aver perso molte opportunità di vincere a causa di questa situazione”.

Quest’anno il campionato nazionale coincide con il Trofeo Melinda, una corsa che ti ha visto protagonista negli ultimi 2 anni con la vittoria nel 2011 e il quarto posto nel 2012. Con quali ambizioni ti presenti?
L’ambizione è sempre quella di essere protagonista ma provo a non mettermi ulteriore pressione dando il meglio di me come in tutte le gare che faccio”.

Che tipo di percorso è?
La gara è molto dura e con l’aggiunta di un ulteriore giro diventerà ancora più selettiva. Ma non mi fa paura anzi… Il punto chiave? Bisognerà restare sempre vigili ma credo che gli ultimi 3 chilometri, i più impegnativi, possano essere decisivi”.

Il chilometraggio potrà favorirti?
Sono un corridore di fondo ma è da tanto tempo che non disputo gare cosi lunghe ed è questa la cosa che più mi manca”.

I tuoi favoriti?
Moser e Pelizzotti

Per vincere di cosa hai bisogno e di che tipo di corsa?
Di non aver problemi meccanici!

Davide Rebellin festeggia un successo nella stagione 2012

Davide Rebellin festeggia un successo nella stagione 2012

In carriera hai vinto tantissime grandi corse ma come mai il tuo rapporto con la prova tricolore non è mai stato dei migliori?
“Perchè non l’ho mai preparata come si deve. Venendo da un inizio di stagione incentrato sulle classiche, molte volte non lo disputavo nemmeno”.

Lo scorso anno sei arrivato quindicesimo, cosa ti mancò per fare meglio?
L’anno scorso è stata una situazione un po’ surreale. Tre giorni prima ho saputo che non potevo correre in quanto tutte le visite di idoneità le avevo fatte a Montecarlo. L’unica soluzione era di rifare tutto quanto avevo già fatto, vale a dire analisi, test, visita idoneità, ecc. , nuovamente in Italia. Così ho trascorso i 3 giorni precedenti la gara andando avanti e indietro in macchina per completare le pratiche, non potendomi allenare e riposare al meglio, sono arrivato alla gara stressato, non allenato e con poco riposo”.

Dopo le polemiche che hanno accolto il tuo rientro in gruppo e le norme federali che ti impedivano di fare il campionato italiano cosa rappresenterebbe per te questa maglia tricolore?
Quando credi in quello che fai e sei determinato puoi affrontare e superare tutti gli ostacoli, quindi questa maglia sarebbe una bella soddisfazione personale che non ho mai avuto in carriera”.

Il tuo futuro in bici dipende anche da questa gara?
Non direi, ci sono altri appuntamenti e situazioni da valutare”.

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